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L'Arte dell'Orto

Il dipartimento di agricoltura didattica ADAyur si ispira all’Ayurveda, ed è con questo spirito che si svolge il corso per imparare a coltivare il proprio orto biologico, da un punto di vista bio-psico-spirituale. L’esperienza in collina, tra i campi, si conclude in una data singolare, la domenica in cui si celebra la festa della mamma. Un’altra ricorrenza che mi riporta a Lei, che è Madre per definizione, la Terra.

Il corso è iniziato partendo da una cassetta di legno, bassa, senza coperchio, un plateau di terra suddiviso in piccoli comparti, in ciascuno dei quali seminare quella che diventerà una piantina. Mi ha ricordato quando a scuola studiavo qualche disciplina scultorea e come strumento base, ciascuno degli studenti riempiva la sua ‘tavolozza’ di argilla.

È così che ho vissuto la mia partecipazione al corso, come un incontro tra artisti pionieri desiderosi di apprendere l’Arte dell’Orto. Ciascuno con la sua sensibilità mi ha aiutato a riconoscere e condividere la motivazione che ci ha unito, ovvero l’aspirazione di coltivare il nostro campo con Amore, a favore di una cucina che possa nutrire anche l’interiorità e l’affettività.

Nel ripercorrere le immagini di questo evento che è ancora vivo in me, percepisco i colori e i sapori di un progetto, quello del Centro Studi Bhaktivedanta, che si estende in grandezza, giungendo a prendersi cura dell’alimentazione come strumento di benessere. Il cibo costituisce un toccasana per la salute e per essere tale è bene che sia biologico. Possiamo cominciare facendo attenzione a ciò che mettiamo nella borsa della spesa.

Vivere in campagna, a contatto con la natura favorisce iniziative come l’autoproduzione, stimolando l’interesse per ciò che si serve in tavola. Una scelta iniziale può trasformarsi in una scelta sempre più consapevole per ciò che attiene al nutrimento e al suo significato.

Vivere in città stimola la ricerca per trovare soluzioni alternative, come creare orti urbani su una terrazza o su un balcone, e per rivolgersi a mercati o aziende agricole equo solidali.

Che cosa mi porto a casa come priorità? L’importanza della ‘stagionalità’.

Il primo passo: la scelta del terreno, cominciando col visitare un bosco, entrare in relazione con l’ambiente che mi circonda e rispettosamente trarne un po’ del prezioso terriccio, ricco dei migliori nutrienti.

Il secondo passo: la scelta dei semi, come raccoglierli e distinguerli, scoprendo la specificità di ciascuno, che arrivi da un frutto oppure da un fiore.

Il mio orto inizierà con un plateau di terriccio un po’ sabbioso, adatto alla semina delle carote. Ho già scelto un vaso profondo per quando spunteranno le prime piantine. Mi piacciono le carote per il sapore dolce, per la loro natura di radici che scendono in profondità, e nello stesso tempo per il movimento verso l’alto della loro parte aerea, che si allunga per cercare la luce. Le carote si possono coltivare quasi tutto l’anno, da febbraio a novembre.

Non avendo a disposizione un fazzoletto di terra, seminerò le zucchine in un grande vaso, per dare alle foglie la possibilità di espandersi. Inizierò da una piantina e mi prenderò cura di lei per vederla crescere quando si fa sera. Mi ha colpito la notizia che la zucchina nasce e cresce di notte. Sarà magico raccogliere i suoi frutti la mattina all’alba, durante l’estate.

Personalmente, mi è piaciuta l’idea di seminare dei fiori insieme agli ortaggi perché tra loro si crea una sinergia. Qualche giorno fa avevo seminato dei petali di tageti in piccoli contenitori. Mi rallegro oggi nel vedere spuntare le prime foglioline e di riconoscere che il primo seme del mio orto lo avevo già seminato.

Un aspetto che ho osservato tra i partecipanti-corsisti è che la maggioranza di noi ha i capelli argentati, come se fosse il tempo a valorizzare il frutto maturo della saggezza. È stato bello incontrarsi a scuola “da grandi”, con l’entusiasmo di chi ha ancora tanto da imparare e soprattutto da dare. Infatti, ho compreso che ogni piccolo seme coltivato può contribuire a produrre un raccolto più grande, di cui altri potranno usufruire e che altri potranno gustare negli anni a venire.

Ringrazio l’impegno di Mario Bacciarini, coordinatore del Corso, per avere condiviso la sua esperienza nei campi e le sue realizzazioni, col desiderio di trasmettere un’arte antica di generazione in generazione.

Ringrazio Marisa Scotto, chef di Cucina per l’Anima, per avere posto l’accento sui bisogni di una cucina ‘affettiva’ e interiore.

Ringrazio Marco Ferrini, fondatore del Centro Studi Bhaktivedanta e dell’Università Popolare degli Studi Indovedici, per la realizzazione di questo progetto ADAyur che aiuta a comprendere il significato della Vita.

Vittoria Vittori

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